Da ragazzo, per un mio errore stupido, persi l’occasione di entrare in Finanza. Mio padre s’incazzò un po’. No, ne fu deluso. A tavola, lui, si faceva acqua e aceto perché non c’erano soldi per il vino, manco quello in cartone che sarebbe stato un lusso da litigio, visto che lo beveva solo lui, e già ci litigavamo il pane residuo tra fratelli, la notte.
Avrei potuto sistemarmi come finanziere e aiutare anche la famiglia, pensare a un domani. Lui aveva mosso e oliato l’impossibile per agevolarmi quella chance. Mi sentii in colpa.
Occasioni sfuggite. Oggi ipotizzo sia più probabile si colgano le occasioni che coincidano, o rappresentino, o soddisfino, o sublimino un’ambizione viscerale, piuttosto che quelle imposte dalla razionalità, dall’intelligenza. Almeno da ragazzi è così, lo dice anche Conrad, mica io. Solo che a me è valso tutta la vita.
Non ambivo visceralmente a diventare finanziere, né ad aiutare la mia famiglia, né pensare a un domani, nemmeno al mio: mi vedevo morto un domani. Non ho mai desiderato realmente diventare. Volevo cose. M’interessavano le cose per fare. Cose pratiche e immediate, ma, non avendo modelli nel mio ambiente, non sapevo esattamente questa nube di minuscolerìe in quale Grande Obbiettivo di lungo termine si traducesse, quindi dirigevo i miei sogni verso oggetti più che progetti: ecoline, pennini, pennellini, inchiostro, fogli enormi di cartoncino bianco, risme A4, macchina per scrivere, roba per fare. Roba per vomitare l’aceto che avevo in corpo nella maniera che più mi lasciasse vuoto e pulito nel presente, l’unico tempo in cui ero capace di esistere. Certo, mi accontentavo di una biro e qualsiasi cartaccia o quadernone, però desideravo oggetti, strumenti, che mi permettessero di provare maggior soddisfazione nel farlo. Per procurarmeli, qualsiasi lavoretto che pagasse subito, a fine giornata, o a fine settimana, come s’usa quiggiù, era ok per me.
Comunque, l’errore, quello del test da finanziere, errore stupido e benedetto che mi fece perdere quell’occasione, lo commisi in buona fede, per distrazione, quindi bo, la mia ipotesi sulle occasioni colte o mancate è fondata su una casualità. Certo è che caso o intuito animale, l’intelligenza era esclusa. La mia di certo.
C’è occasione, oggi, per me, di pubblicare in cartaceo. Non sono in euforia eiaculatoria, ma solo contento, perché alla fine dei conti il nocciolo dell’occasione è cartaceo, non pubblicare. Pubblicare, immagino, abbia sempre significato farsi conoscere, esser riconosciuti. Io, per pubblicare, già pubblico online, ovunque gratuitamente. Soddisfa il mio bisogno di sentirmi riconosciuto.
Neanche è presente in questa occasione lo stimolo sperimentare, in quanto si tratterebbe di stampare su carta le vignette quotidiane già pubblicate (appunto) su ilPost.it e insomma, stampare è quasi il mio lavoro da vent’anni, non sono vergine a vedere cose mie stampate, anche se è una bella emozione ogni volta, sia chiaro.
Due, no tre, anzi quattro editori si son proposti per le vigne del Post. Editori piccoli, grandi, autorevoli o solo giovani e ambiziosi. Tutti gentilissimi e appassionati, bella gente, di cuore, detto senza ironia, m’han fatto sentire bravo e ben stimato. Nessun piazzista tra loro, e questo è bello, gratifica.
Messe in numeri le proposte si somigliano tutte: pezzo più pezzo meno si parla di tirare intorno alle 3mila copie con un prezzo di copertina sui 10/12 euro. A me ne verrebbero: Onore (tanto e benedetto) e tra i 2/2500 euro pari-patta-e-pace, se va bene, per la cessione dei diritti totale sine die del prodotto di quasi un anno di lavoro. Non torna, ma può essere occasione per piantare un seme di autorevolezza editoriale pensando a un domani. Sarebbe una cosa intelligente da fare.
Chi ha sorriso è una merda, lo sappia, non si ride dei limiti altrui.
Introduco a questo punto, o accazzo, una televendita. Un’occasione per gli aspiranti vigno-fumettari che però m’è utile a seguire nel discorso.
M’è venuto lo schiribizzo (leggi ho desiderio immediato, urgenza) di voler lavorare con due tavolette grafiche/monitor (in pratica sono dei monitor sensibili al tocco di una particolare penna) così da avere due grandei video sensibili su cui disegnare contemporaneamente nei due programmi che uso per fare fumetti, e che s’influenzano a vicenda in tempo reale, senza alternarli continuamente su una singola tablet/monitor come faccio ora. Roba mia, difficile spiegare meglio. Per far ciò mi occorrono due tablet/monitor da 21″. Io possiedo già due tablet/monitor: uno è da 21″ e l’altro, più piccolo, è da 12″, entrambi Wacom Cintiq, lo dico per l’occasione che segue e che vado a illustrare.
Voglio sostituire il tablet più piccolo (che praticamente ho usato MAI, ché l’avevo preso per lavorare fuori sede e fuori sede non mi viene da disegnare, ma d’andare in giro) con un altro da 21″, quindi ho messo in vendita la Wacom Cintiq 12wx in asta a partire da 650 euro (700 euro in compralo subito) su eBay.
Son 300 euro (all’incirca) in meno al prezzo di vendita del nuovo, e trecento euro, calcolate in resa diritti d’autore su libro di vignette, equivalgono a un mese e mezzo di lavoro. Non poco. E se non va bene me la tornate, la Cintiq, che vi torno i soldi.
Occasione invece colgo io, stavolta senza tentennamenti, giorni fa, andando a far spesa di pesce e verdure varie, a piedi, che ci vado a piedi da quando mi son trasferito, che mi fa bene e mi piace che guardo il mare che m’è mancato nella quotidianità per 20 anni, occasione colgo dicevo, visto ci passo davanti, di entrare in uno storico negozio di computer. Negozio vero col padrone che fa le robe, non franchising. Uno di quelli che son rimasti sul mercato dai primi 90 perché lavorano bene. Sta cento metri prima dell’Apple reseller di n’altro amico mio che però mo divago. Quindi mi siedo, prendo una caramella al miele dal cestino sulla scrivania, che lui ha il banco, ma anche una scrivania defilata dove si discute di cose delicate, e col tizio boss iniziamo una rilassata, astratta ipotesi di configurazione d’un pc a cui attaccare ‘ste due tavolone grafiche. Ovviamente il tizio boss è come quando vai alla TechArt Automobildesign GmbH di Leonberg in Bavaria e gli dici “vorrei un auto”, ti risponde il tizio boss di lì (in tedesco) “di base ci vuole una Porsche. Sì, può prendere un’altra caramella”.
Quindi il boss dei pc inizia con scheda grafica da 600 leuri, che è l’unica cosa che discute con me che ne mastico, perché il resto è indiscutibile come la famosa Porsche di base, e si ferma a totale 2100 leuri. Manco tanto, penso io immaginando l’altro mio amico colla SUA enorme scrivania bianca luminosa colla mela, cento mt più avanti, che vende assemblati e non lo sa, ma io lo so perché ne ho quattro dei suoi. Quindi mancotanto, penso, e se non va come dici? faccio io. Se non va come dici TU, mi fa lui, non come dico IO, e indica col dito per specificare chi è TU (me) e chi è IO (lui), me LO (il pc) torni e ti ridò i soldi. Me li ridà LUI a ME (per chiarire, che iniziava ad esser confuso il discorso).
La seconda tavoletta da 21″ lo so quanto costa, altri 2100 minimo, e siamo a 4200 euro. Lavoro due anni, vendo i diritti di due raccolte di vigne ed è fatta. Perché un po’ sarebbe giusto se ‘sta passione pagasse i suoi strumenti, almeno, non dico il vino in tavola. Be’, Un domani lo farà. Tra due anni, forse.
Con ‘sto pensiero allegro vo, compro un polpo da fare affogato, ma il gusto più tardi lo troverò nel batterlo col pestacarne, per ammorbidirlo.
C’è un mare color merda, al ritorno.
Non un domani, ma domani, letteralmente, non colgo nessuna occasione e quasi quasi vado da st’amico, un altro che entro e mi siedo e pesco caramelle, che in 46 anni di vita e lavoro se non te ne trovi nessuno così è un bilancio da psicopatico diabetico, vado da st’amico tipografo e vedo quanto mi fa la stampa di 1000 pezzi secchi: volume un po’ verticale, grande il giusto, adatto a contenere 200 e rotti vignette scelte dal Post /e-non-solo, stampate come si deve su una carta come si deve, che lui, l’amico, ce l’ha le macchine per stampare come si deve e pure la carta ci ha, che lui stampa il catalogo del museo di Pietroburgo, micacazzi, per dire, prendine una ai frutti di bosco, senti che buona. Di base ci vuole una bella carta e buone macchine e buoni inchiostri, infatti mi dirà. Poi farà il prezzo. Infine i mille pezzi me li venderò online come raccolta-album a 15 euro cada. Magari c’escono tablet e pc. Mo, non tra dueanniforse. Forse sarò morto tradueanniforse.
Perderò l’occasione di essere sugli scaffali d’una libreria sotto una degna egida, probabilmente, e forse sarà stato un errore. L’ennesimo.
Perché non provo alcun senso di perdita a ‘sto pensiero? Perché sono poco intelligente, sicuro. Nel caso mi rodesse, ci andassi in aceto, in seguito, avrò da disegnarne comodamente, però.
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