Zerocalcare è diventato in breve un fenomeno di grandezza nazionale. Ancora solamente. Perché credo che sfonderà anche all’estero.
Giuro che non sono sorpreso. Invece sono sorpreso, ancora oggi, che nessuno l’abbia notato prima. Prima che aprisse un blog e mettesse su ogni settimana una sua storiella e che facesse numeri da Repubblica.it.
Ci son voluti quei numeri per mettere in moto le cose per lui che, come mi ha raccontato, roba in giro agli editori ne aveva mandata fino al pianto.
Ora, esce in libreria (ma lo venderò anch’io qui nel blog in accoppiata strenna natalizia col suo precedente capolavoro autoprodotto “La profezia dell’armadillo“) il suo nuovo libro per Bao “Un polpo alla gola“.
C’ero anch’io quando Zero firmò per questo libro in Bao. L’ha dato in buone mani, i ragazzi di Bao sono appassionati, professionali e generosi, lo so per certo.
Il libro sarà un successo editoriale di sicuro, oltre la cerchia dei lettori di fumetto.
Giuro non mi sorprende, perché Zero non è un fumettista, ma è un narratore straordinario.
E poi perché ci si è fatto un culo così, ma questo da solo non sarebbe bastato.
Zero è narratore da bivacco, un cantastorie da serata tra amici, da radio notturna, da teatro, da tivvù, da qualsiasi media e formato narrativo, secondo me.
Definirlo autore di fumetti non è inesatto, ma è limitante. Il fumetto è solo il mezzo attraverso cui fluisce la sua vera forza, la Narrazione. E quella forza è così enorme che arriva a tutti coloro che godono nell’ascoltare storie, anche, e meravigliosamente, a chi abitualmente non legge fumetti.
‘Sta cosa fa un po’ rodere il culo a qualche fumettaro che quella forza capace di sfondare gli argini del genere non ha.
Bene.
Però anche questa forza da sola non sarebbe bastata a fare di Zero una star narrativa di successo nazionale (ancora solamente).
Il successo Zero lo deve al suo primo e più efficace editore: il web.
I ragazzi narratori che si trastullano col fumetto, e ai quali sembra di non trovare sbocchi editoriali, devono imparare da Zero una lezione. E per “ragazzi narratori che si trastullano col fumetto” intendo me per primo.
La lezione è: mettici tutta l’anima e pubblica nel web.
Mettici tutta l’anima è il nocciolo della questione, il web da solo non basta.
Un atomo meno di “tutta l’anima”, e la zezza non funziona.
Qui, lavorare al risparmio non paga.
Non è facile accettare questa scommessa, perché al web non si vuol regalare nulla, figurati tutta l’anima.
Perché dovrei dar via le mie cose gratis ner webbe?
Perché non le stai dando via, coglione, le stai pubblicando.
Ok, allora metto online qualcosa per promuovermi, ma poi per avere il resto devono da pagarmi.
Il web non serve a promuoverti, coglione, serve a pubblicare.
Ma io i soldi per campare allora come li faccio? Come magno se disegno?
Tranquillo, quelli arrivano di conseguenza, nel frattempo per mangiare fa’ altro. Lava le macchine, servi ai tavoli, vendi calighe agli assessori.
Tranquillo che, se ci avrai messo tutta l’anima in ciò che pubblichi nel web, in seguito FORSE riuscirai a vivere della tua passione. È questo il fine per un cantastorie, no? Il fine pratico dico, non l’altro.
L’altro, quello che risolve anche il FORSE, è avere riscontro della differenza tra quanto si crede di dover valere per coloro a cui raccontiamo le storie e quanto si vale effettivamente.
I due valori difficilmente coincidono.
Io, questa lezione lassù la sapevo, poi l’ho disimparata. Ora l’ho imparata nuovamente.
Come sto imparando nuovamente a divertirmi mentre racconto, senza risparmio.
Grazie Zero.
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